amorino alato

amorino alato
C’era in lei, tuttavia, un angolo segreto dove non arrivava il riverbero di nessuna luce. Da lì veniva quella voglia di tenere a bada il corpo e la materia che gli dava forma; lì fluttuavano profumi intensi e dolcissimi, e fruscinìo di sete leggere e il seno bianchissimo di Rosa la Parda. Lì, coltivava il giardino di un’altra vita che ogni tanto, a occhi chiusi o nel sonno, andava a visitare.(Amore Anomalo - daniela frascati)

giovedì 15 marzo 2012

RECENSIONE NUDA VITA di Simone Oggionni

Pubblico, la bellissima recensione del mio romanzo Nuda vita, fatta da Simone Oggionni, che sarà sul numero di aprile della rivista della sinistra radicale, Essere Comunisti.
La pubblico senza pudore - parla benissimo del mio libro - , e senza pudori di rimozioni e omissioni ideologiche, né imbarazzi perbenistici da fase di revisionismo avanzato (persino il mio editore si è trattenuto dal compromettersi con questi vecchi arnesi). A dire il vero Essere Comunisti è una rivista che ragiona ancora del mondo, esercita un pensiero critico, produce analisi teoriche su molto di quanto passa sulle nostre teste e sui nostri corpi maciullando coscienze e vite, e presta attenzione alla cultura e all’arte. Con un punto di vista. Insomma “il pane e le rose”, come rivendicavano, esattamente un secolo fa le operaie del Massachusetts in sciopero, trasformando in slogan una frase di Rosa Luxemburg
E, dopo aver letto le considerazioni di Pietro Citati e Raffaele La Capria sulla letteratura e l’editoria, lo faccio senza vergogna, accampando la stessa dignità al mio romanzo - che non conosce classifiche, né critici famosi, e i cui lettori si conteranno sulle dita delle mani e dei piedi – di coloro che forse più capaci di me, senz’altro più fortunati e più ammanicati, hanno l’onore di essere riconosciuti “scrittori”. Il mio romanzo non è una storia da Essere Comunisti, tutt’altro. Non ho bisogno di ammantarmi né di operaismo, né di letture sociologiche del mondo e della vita, né di narrazioni post neorealiste. Ho già dato. In prima persona.


Recensione NUDA VITA

Daniela Frascati è una grande scrittrice. Il suo ultimo romanzo, Nuda vita (Editrice Absolutely Free, 2011, 195 pp.), condensa tutte le sue qualità e le esalta. Innanzitutto, la pulizia e l’eleganza dello stile. A tratti pura poesia, pura lirica, per esprimere le emozioni più alte, a tratti prosa volgare, a raccogliere gli umori e gli istinti. Ed è già questo un secondo pregio straordinario: sapere trasmettere, nell’equilibrio di registri differenti, il senso del dramma, un possibile significato della vita, in tutte le sue sfumature.
Ma muoviamo dalla trama. Delfina è una ragazza in coma, dopo un incidente stradale forse non del tutto fortuito. I suoi affetti, le sue relazioni, quelle scelte, quelle rinnegate e imposte, quelle familiari, si susseguono e talvolta si incontrano al capezzale di Delfina, nella stanza della clinica privata nella quale una madre patetica e oppressiva la fa accudire.
Lo schema narrativo è semplice e ruota intorno a tre elementi: i monologhi dei personaggi che si alternano intorno al letto di Delfina, spazi di sincerità e di autoconfessione nella trama di ipocrisia e di doppiezza che segna le loro vite; i dialoghi tra loro, spesso segnati dal tentativo di svelare gli inganni reciproci; il flusso di coscienza di Delfina, vera e propria “donna abitata” (le connessioni non volute con Gioconda Belli sono davvero molte), in bilico tra l’istinto di vivere e il bisogno di allontanare la sofferenza e abbracciare definitivamente il sonno (un bisogno talmente forte che i visitatori sono “assedianti” e l’assillo prevalente di Delfina è che i suoi pensieri non abbiano “echi né risonanze”).
La disposizione di questi elementi nel tessuto narrativo è compiutamente teatrale, al punto che pare che l’autrice l’abbia concepito allo scopo di metterlo in scena.
A quali meditazioni induce questa pièce ipotetica e potenziale? Moltissime, e ognuna sollecita la dimensione intima dell’autocoscienza, limitando di molto la dicibilità di spazi di riflessione collettiva.
Ne azzardo tre, le più immediate.
La prima ha a che fare con il confine tra presenza e assenza, tra luce e tenebre. Daniela Frascati parla della prima in termini di “dissoluzione” e delle seconde in termini di “compattezza”: a parlare è la prospettiva rovesciata del coma, ma l’impressione è che questa discrasia rispetto alla realtà convenzionale ci parli del nostro mondo. Nella luce, nella vita quotidiana, c’è il dolore della dispersione, la sofferenza di ciò che è indeterminato, aperto alle mille sollecitazioni del reale.
La seconda riflessione si connette a questa. Cosa rompe la logica capovolta che rende perfetto “l’essere nel non essere” e preferibile il vuoto del silenzio alla pienezza disordinata del presente? Soltanto l’amore. Soltanto l’amore vero stimola Delfina, la sollecita, la incuriosisce, la attira calamitandola in un vortice di tensioni ancora più contrastanti e ancora più intense. Soltanto attraverso l’amore la protagonista riesce a trasformare la linea di dissolvenza tra sicurezza e paura (che abita l’abisso dell’inconsistenza) in un nuovo confine che separa – e al contempo interseca – piacere e angoscia.
E oltre all’amore, infine, che cosa rimane? Delfina asserragliata nel suo coma, noi asserragliati nella lucidità delle nostre miserie e delle nostre falsità quotidiane: due condizioni speculari e complementari, due nuances dello stesso colore. E allora ciò che rimane è il senso di impotenza, l’impossibilità di trovare la piena libertà e forse anche la vera dignità del vivere e del morire.
Del resto, anche la conclusione – struggente, parossistica, paradossale, salvifica, redimente – non risolve l’incognita, non pacifica un dramma che è irrisolvibile. È la Nuda vita.

Simone Oggionni