Titolo: Il tempo tagliato
Autore: Silvia Longo
Anno: 2012
Autore: Silvia Longo
Anno: 2012
Il
tempo tagliato, romanzo d’esordio di Silvia Longo, ha lo spessore del romanzo
di una scrittrice compiuta.
Gli
esordi, qualche volta, condensano una vita di scrittura trascorsa ad affinarsi,
a indagarsi, e così è per Silvia Longo e la sua storia che,
nell’apparente semplicità, ha la forza dirompente di un temporale.
Una
storia quotidiana di una donna affogata in un ruolo, quello di madre e,
soprattutto, di moglie, che la fagocita.
“Cento
volte la stessa sequenza. Avanti e indietro dalla camera al bagno, dal bagno
alla cucina, da casa al supermarket, dalla bocca all’intestino, dai pensieri
alle labbra e alle mani, senza mai rompere il cerchio.”
Una
normalità dolorosa che spesso sconfina nella rinuncia di sé.
Così
è per Viola. Una vita metodica, sommessa; fatta di piccole cose, lasciate a
fare da sedimento alla solitudine che diventa musica dell’anima e che
per troppo tempo ha avuto paura di ascoltare.
La morte improvvisa di
Federico, il marito, la costringe a fare i conti con
quel silenzio in cui ha sepolto la parte più vitale di sé.
È smarrita, abbandonata nelle
stanze vuote, nelle giornate prima riempite dalla
presenza di Federico, direttore d’orchestra, artista dall’ego
ingombrante, a cui sente di dovere tutto. Il suo essere musicista, i suoi
successi, la sua esistenza alla ribalta, sono stati la
misura della vita esteriore di Viola, dello spazio sociale
che occupava accanto a
lui fin da quando, figlia di gente modesta, l’aveva sposato accedendo all’agiatezza
di un’esistenza borghese e ricca, in una piccola città di
provincia.
Un
tempo lungo vent’anni che ha finito per renderla muta e
insignificante, prima di tutto a se stessa, nella completa
adesione alla vita del marito, nell’abitudine e nell’affievolimento
dei sentimenti.
Ma Viola
è una donna speciale. Il silenzio per
lei è tempo interiore, coscienza e costruzione di
consapevolezza, e quel lutto diventerà il
discrimine tra il prima e il dopo, tagliando il tempo della sua
vita in due parti.
La
metafora del tempo scandisce ogni passaggio di
questa storia.
Il
tempo dentro la musica, il tempo meteorologico, il tempo dello spasimo
interiore, quando il pieno delle cose quotidiane, l’accudimento e la cura
dell’altro, straripano fino ad annullare.
E questo taglio,
questa spezzatura, mentre sembra annullarla
definitivamente, incardina invece il percorso di un tempo ritrovato.
Nel
silenzio del dolore per quella perdita, Viola comincia dalla superficie. Per
primo, ritrova il suo corpo. Un corpo disperato, ammutolito, che malgrado lei e
il vuoto in cui vorrebbe scomparire, non sa darsi per
vinto.
Fin
dalla prima pagina, in quel casto autoerotismo che chi legge intuisce tra il
sudore e le lenzuola scomposte, in quel risveglio nel solstizio d’estate, c’è
già l’accenno della vita che riprende il sopravvento.
L’incontro
con Marco alla manifestazione musicale in memoria del marito, lo stesso giorno,
compirà il resto. Assieme a questo sconosciuto lascerà il concerto
per fuggire altrove, in qualsiasi posto, purché lontano dalle convenzioni e
dall’autocontrollo dove si era barricata fino ad allora.
È
ancora la metafora del tempo musicale ad
accompagnare Viola nella sua fuga.
La
fuga è la forma polifonica più rigorosa, complessa e impegnativa in
cui gli strumenti danno luogo a una melodia nella
quale non conta l’effetto armonico bensì la misura con cui
le diverse voci sviluppano il tema musicale.
Il
tema in questo caso è Viola, la memoria della sua vita raccontata per frammenti
e squarci di coscienza.
Dentro
questa fuga che risuona di conflitti e di tensioni, con se stessa prima di
tutto, Viola scioglierà, finalmente, i nodi della trappola dove si era
lasciata imprigionare.
Il
tempo tagliato è un romanzo di emozioni che chiede al lettore
di compromettersi con la protagonista, di
accompagnarla, sperduta e sofferente, dimessa nella persona, per
poter scomparire meglio agli occhi degli altri, fino a ritrovarsi.
Silvia
Longo compie il sortilegio di intrecciare una storia tanto delicata, piena di
sentimenti sfumati, di emozioni indagate, con il controcanto di
una scrittura forte, ritmata, essenziale, priva di orpelli, dove ogni
parola non può che essere quella e solo quella. Né prima né dopo. È ciò
che la Longo fa dire a Viola mentre indossa il filo di
perle per il concerto in commemorazione del marito.
Penso
che le perle siano come parole. Serve cura nel coltivarle, e nello scegliere
come allinearle su un filo che sia di seta o di discorso.
Daniela Frascati