amorino alato
mercoledì 23 marzo 2011
martedì 22 marzo 2011
La città delle mille ombre AUTORI PER IL GIAPPONE
Ogni città riceve la sua forma
dal deserto a cui si oppone; e così
il cammelliere e il marinaio vedono
Despina città di confine tra due deserti.
Italo Calvino “ Le città Invisibili”
La città delle mille ombre
di
Daniela Frascati
Scelgo di parlare di ciò che ci appartiene e non di ciò che ci sovrasta. La natura è madre e matrigna e al suo imperio non si comanda. Ci piega, mostrando i limiti umani che dovrebbero essere la misura della nostra saggezza. E, dunque, non saprei raccontare delle città scomparse e sommerse dentro lo tzunami di 23 metri d’acqua, né della forza inusitata di un terremoto che è sembrato riportare la terra ai suoi primordi, ma dei creatori dell’orrore di Fukuschima, un tempo famosa per le sue sete e i suo tessuti, sì.
Loro ci appartengono. Appartengono alla specie umana anche se non ne hanno avuto rispetto e hanno consentito che l’orrore si aggiungesse al disastro.
Un mio amico dice che il terrore è l’attrazione per ogni spettacolo; e infatti siamo qui a guardare, ad attendere il prossimo. Perché ci ingozziamo di immagini, ne facciamo indigestione e le espelliamo, allontanandole da noi, perdendo la memoria di ciò che di tragico avevano dentro.
L’orrore che passa sui nostri teleschermi ha già avuto un nome e un luogo, 25 anni fa, ed è questo luogo dimenticato che voglio nominare ma che spero non sarà, domani, il futuro di Fukuschima.
Dirò della città di Chernobyl, perché i creatori di quell’orrore non lì ho visti in faccia ma li immagino uguali a coloro che vengono a giustificare il fallimento della loro onnipotenza dagli schermi della tv. Quelle morti e quel disastro non ci commuovono più; il tempo rimargina le ferite e fa dimenticare la paura. Fukuschima è ora l’altra Chernobyl che si performa sullo stesso orrore in mezzo al deserto che ha lasciato il terremoto e lo tzunami.
Chernobyl non l’ho mai vista per davvero, così come il Kublai Kan, di Calvino, non aveva mai visto le Città invisibili di cui Marco Polo gli narrava. Ma di Chernobyl mi arrivò il suo vento la notte del 26 aprile 1986, svegliandomi con un lancinante mal di testa che mai, prima e dopo, ho provato.
Erano le cinque del mattino più o meno l’ora in cui il vento di là poteva essere arrivato a Roma.
Ora guardo i 29 scatti del fotografo David Schindler che ha voluto tornare in quei luoghi. Chernobyl è una città fossile dentro un passato che non produce futuro né memoria.
Ci si arriva attraverso una strada d’asfalto disconnesso, che corre dritta fino a un dosso improvviso che sbarra l’orizzonte. Un segnale di pericolo lo precede. Ai lati una vegetazione fitta mangia l’asfalto e dilaga nella foto successiva dove gli stessi alberi, conifere e betulle giganti, assediano alti palazzi dalle finestre senza il riflesso di una sola luce. Architetture una volta grandiose, ma tetre e anonime, nate senza uno slancio di fantasia e di vita che sembrano già un presagio del destino che le segnerà.
Nella sterpaglia la grande ruota di un luna park segna il confine tra il prima e il dopo. Lì, un giorno sono risuonate risate e grida allegre di ragazzi.
Un fiume livido e opaco come piombo fuso scorre dentro una campagna che sembra non avere fine; alberi grigi, alcuni di un verde denso, con le foglie ripiegate verso il basso come si nutrissero di altre “irradiazioni” e non della luce del sole.
E in sequenza un edificio basso di pietre scure, una palestra, una piscina. Tutti allo stesso modo fantasmi di se stessi. Pietre annerite, invase dalle erbacce. Fredde come mausolei di morte. E ancora, un’aula scolastica, una grande lavagna a parete dove una mano umana ha lasciato la sua traccia; numeri di gesso che ancora resistono, un po’ sfarinati ma leggibili. Per terra, tra rottami e muffe le pagine di un libro per ragazzi con figure di animali fantastici. Un’altra foto: un ufficio dove pile di documenti sopravvivono e resistono al tempo e all’abbandono senza le piaghe che il ferro, il cemento armato e le pareti mostrano come una lebbra che ancora corrode.
29 foto per una città morta.
Da Chernobyl e dai territori vicini furono evacuate 14 mila persone.
Ma quanti sono morti per quell’orrore nucleare? Quanti, ancora, ne portano i segni e continuano a morire? Nessuno lo dirai mai veramente.
Eppure Chernobyl, come nei peggiori incubi, è ancora abitata. Sono circa mille le persone, quasi tutti anziani, che hanno scelto di tornare nelle loro case contaminate. Davanti, un cartello ne segnala la presenza: “Il proprietario di questa casa vive qui”.
Un filo invisibile annoda il cuore di questa città avvelenata e letale alle mille ombre che, in silenzio e con dignità, aspettano la fine.
lunedì 21 marzo 2011
FASC-in-AZIONE
Scritto, qualche anno fa, assieme a una mia carissima amica che ora non c'è più
FASC-in-AZIONE
di Daniela Frascati e Roberta Martinelli
La costruzione della civiltà fascista procede anche attraverso la costruzione meticolosa di un immaginario collettivo che vede impersonare nel Duce l'astrazione del gesto estremo, dell'azione e della potenza, espresse al massimo grado. Ecco quindi tutta l'iconografia grottesca, oleografica e falso realista che trasmettono le immagini di repertorio dell'Istituto Luce.
La retorica del gesto che corrisponde perfettamente a un'idea di rappresentazione di sé che ha il fascismo e che si misura non solo nella grande arte di regime, la pittura murale, intesa come pittura sociale per eccellenza come la definisce lo stesso Sironi, ma anche nelle espressioni culturali minori come nelle copertine della famosa Domenica del Corriere.
Tutto ciò corrisponde a un preciso disegno immediatamente compreso da Mussolini e dal fascismo, cardine di una tecnica propagandistica d'avanguardia capace di penetrare capillarmente la quotidianità.
Arte quindi come educatrice in mano al regime, arte come incardinatrice di un ordine sociale maniacalmente perseguito.
Nella seconda metà degli anni trenta trionfano in tutta Europa i classicismi più retorici e monumentalisti, segno non solo del totalitarismo, confermato dal classicismo dell'area sovietica stalinista, ma soprattutto di un potere che sente il bisogno di affermare ancora una volta la propria autorità e stabilità di fronte alla precarietà di un mondo che precipitava verso la guerra, che avrebbe spazzato via colonne, archi, frontoni e tutto il repertorio di retorica classicista.
In Italia il classicismo è scelto e usato per imprimere il senso dell'ordine con canoni e modelli fissi eterni, immutabili; per dare il senso della durata, l'antico garantiva in questo senso, oltre che richiamo traboccante e retorico alla grandezza dell'impero.
Allo stesso modo il verticalismo degli edifici, l'altezza degli apparati nelle adunate, rappresentano simbolicamente il prolungamento, la protesi del Duce, la visualizzazione dell'incombenza del potere.
Molti intellettuali aderiscono e si assoggettano al servizio del regime fascista, alcuni riescono a rimanere sopra le righe di un angusto limite ideologico grazie alla loro geniale creatività, molti altri riescono a produrre spazi di libertà dove agire oltre le intenzioni del regime, ed è quasi sempre il caso dei razionalisti in architettura. In molti altri casi assistiamo ad uno svuotamento della comunicazione, un alleggerimento dei contenuti come in molto cinema del periodo dei telefoni bianchi.
Quello che emerge dall'arte fascista quando produce al meglio della sua espressione come nel caso di Sironi il tentativo di ricongiungere arcaismo e monumentalità, in un'esigenza di comunicare alle masse il prestigio dell'arte antica e della romanità, escono prepotentemente dalle tele progenitori contadini e madri monumentali, in cui la figura della donna ricondotta a ruolo, a statua, a figura femminile progenitrice, partecipa alla costruzione della nazione come riproduttrice di fasci.
Sironi crea l'iconografia del fascismo con uno stretto rapporto tra simbolo, realtà, modernità; rapporto che successivamente perde efficacia fino ad arrivare al punto in cui gli stessi simboli schiacciano la rappresentazione del reale con una superfetazione del senso del simbolico. ( prevaricazione del reale )
Il fascismo sa dare alle masse che coinvolge nelle sue messe in scena l'illusione di essere soggetti attivi, partecipi di grandi eventi storici, mentre di fatto sono solo masse inerti ed inermi nelle mani di un burattinaio che fa della politica una mera rappresentazione estetizzante del potere. L'estetizzazione della politica, come dice Benjamin, converge verso un punto: la guerra, come termine ultimo in cui le masse possano ritrovare una loro definitiva collocazione.
" L'autoestraneazione dell'umanità ha raggiunto un grado che le permette di vivere il proprio annientamento come un godimento estetico di prim'ordine. Questo il senso dell'estetizzazione della politica che il fascismo persegue. ” (L'opera d'arte al tempo della sua riproducibilità tecnica )
sabato 19 marzo 2011
FASC-in-AZIONE
Scritto, qualche anno fa, assieme a una mia carissima amica che ora non c'è più
FASC-in-AZIONE
di Daniela Frascati e Roberta Martinelli
Il Futurismo o almeno alcuni dei suoi esponenti, tra i quali senz'altro Marinetti e Mario Carli, scrittore minore ma impegnato in prima linea nella propaganda futurfascista a tutto campo, non ebbero remore né esitazioni ad attraversare tutte le varie fasi della costruzione del regime. Dal I dopo guerra in cui futuristi ed ex arditi di guerra formano le prime squadre che si scagliano violentemente contro le organizzazioni operaie e gli scioperanti, fino alla fase in cui il fascismo, attraverso le guerre di conquista propone come modello la Roma imperiale, e in cui i valori iniziali del futurismo vengono sostituiti dalla celebrazione della violenza tout court, dell'impero come segno della potenza della Nazione, dell'apologia della guerra come igiene del mondo.
" ....la guerra è bella perché grazie alle maschere antigas, ai terrificanti megafoni, ai lanciafiamme e ai piccoli carri armati, fonda il dominio dell'uomo sulla macchina soggiogata, La guerra è bella perché inagura la sognata metallizzazione del corpo umano " Marinetti - Manifesto per la guerra in Etiopia.
A questa prima fase in cui l'elemento ribellista del gesto e dell'azione esalta il virilismo e la potenza dell'uomo come idealizzazione dell'individualità creatrice, fa riscontro una fase di consolidamento del regime e di costruzione della civiltà fascista in cui il fascismo adulto, affrancato dal nuovismo e dal movimentismo culturale che lo aveva contraddistinto al momento dell'ascesa farà ritorno alla tradizione, all'ordine sociale, alla verità di regime.
" Se ci lasciano tranquilli per cinque o dieci anni, fra cinque o dieci anni l'Italia sarà irriconoscibile, avrà cambiato faccia ... " affermava Mussolini in un discorso del 24, e solo due anni dopo quando avrà ottenuto la riforma elettorale che abolisce il regime Parlamentare e dopo le leggi speciali del 25 nel fatidico discorso dell'ascensione, 26 maggio 26, che segnerà una tappa definitiva nell'affermazione del regime, e in cui sancisce il definitivo assetto della dittatura, affermerà fra l'altro " Abbiamo oggi tutte le forze vive della cultura, dello spirito, dell'economia e delle banche. Il regime totalitario, ma il regime che ha il più vasto consenso di popolo che sia nella storia "
Avvenuto il passaggio fondamentale, si è compiuta la perfetta saldatura tra l'ideologia borghese e patriarcale, con quella mistica fascista maschilista e viriloide, imbevuta di misoginia e di sciovinismo, che caratterizza il fascismo maturo. E' un sodalizio passato ormai attraverso il consenso delle grandi masse popolari, espropriate ormai totalmente della loro consapevolezza critica.
L'individuo ormai assorbito nel clan rinuncia ad ogni forma di responsabilità e delega al leader, al Duce ogni decisionalità sociale e politica.
La folla anonima e spersonalizzata diviene nelle adunate fasciste e ancor più nelle grandi rappresentazioni di massa del nazismo, elemento scenografico, drammatizzazione simbolica del regime, sublimazione quasi mistica dell'annullamento dell'io. La stessa distanza fisica del duce impedisce il controllo della reale-saggezza del capo a cui ci si affida, come l'alone azzurrino virtuale che avvolge Berlusconi e ne rappresenta la moderna distanza.
" Tanto più diventa impotente economicamente, socialmente, politicamente l'individuo nello stato di massa totalitario, tanto più importanti gli appaiono i capi che si prendono cura di lui; nella fede che questo avvenga sta la sua sicurezza psicologica. " Bertheleim.
E' in questa fase che la mistica fascista del lavoro, del sacrificio, del prestigio della nazione viene sostituita alle promesse di riscatto sociale dalla pesante crisi economica e materiale che attanaglia gran parte della popolazione.
" Bisogna a mio avviso deporre dal proprio cerebro l'idea che possano tornare i tempi di quella che si chiamava prosperità; la prosperità che diventa l'ideale della vita, come se gli uomini nella vita non avessero altro da fare che accumulare denaro.... " Mussolini.
Il bisogno di ordine il ritorno alla tradizione, l’instaurazione di una regola formale a cui far corrispondere un ordinamento sociale, segnò la definitiva caduta di quel rapporto bivalente che il fascismo aveva fino ad allora tenuto con le avanguardie artistiche.
Al valore della libertà è sostituito quello dell'ordine, all'uguaglianza verrà contrapposto il valore della gerarchia come ordinatrice sociale, al lavoro inteso come attività creativa, il senso pressante e opprimente della produttività.
L'apparato che il fascismo si costruisce non serve soltanto a trasmettere il comando e a consolidarsi al potere, ma ancor prima a costituirsi un consenso e se, in un primo momento, come abbiamo visto c'è un intreccio e un interscambio tra le forme artistiche e i contenuti d'avanguardia sociale che il fascismo intende promuovere, successivamente sarà addirittura istituito il Ministero della cultura popolare che s'incaricherà di coordinare e di promuovere vere e proprie campagne di regime per propagare la cultura fascista al popolo.
(continua)
venerdì 18 marzo 2011
FASC-in-AZIONE
Scritto, qualche anno fa, assieme a una mia carissima amica che ora non c'è più
FASC-in-AZIONE
di Daniela Frascati e Roberta Martinelli
La connotazione fascista dell'arte prodotta nell'epoca del Fascismo non deriva certamente e soltanto dalla sua assunzione al servizio di un'ideologia e da un'eventuale adesione dichiarata da parte degli stessi artisti o produttori d'arte, anche se è in qualche modo naturale che il giudizio politico del fascismo venga sovrapposto ed in alcuni casi fatto coincidere con la valutazione delle manifestazioni artistiche dello stesso periodo.
Spesso è una deformazione che appiattisce la lettura che può essere fatta di un'epoca e dei fenomeni che la hanno rappresentata inglobandoli in una unidimensionalità che non li comprende.
Quello che a noi appare interessante è, non soltanto, la possibilità di far coincidere il manifestarsi di un processo creativo con il potere politico e con l'instaurarsi di un regime autoritario, quanto svelare i meccanismi di coinvolgimento e di fascinazione di massa che l'ideologia fascista scopre ed utilizza nell'arte. Come insomma il fascismo sia riuscito a cogliere il nesso strettissimo, tra creazione artistica e modalità del comunicare, e come questa connessione possa consapevolmente dare forma alla molteplicità e contraddittorietà del reale.
E' attraverso questa procedura che il fascismo è riuscito a entrare nelle maglie della modernità piegandola a sé; utilizzando una grande capacità mediatica, quella cioè di adoperare l'arte come tecnica del dominio attraverso uno spostamento dalla fruizione dell'arte in senso borghese ed individuale, ad un'appropriarsi delle modalità della comunicazione, diretta ad entrare in relazione ed in rapporto specifico con la base sociale.
E' in questo modo che il fascismo riesce ad attraversare i grandi movimenti culturali dell'inizio del '900, il dadaismo ed il futurismo, prendendo e lasciando a suo piacimento. Facendosene modellare e facendosene modello.
Il fascismo si fa forza del suo venire al mondo attingendo proprio a quelle contraddizioni e a quelle conflittualità epocali che faranno saltare la struttura statuale liberal-borghese, e che al contempo ne costituiranno quel fenomeno di massa, ibrido mostruoso in cui confluiscono e si scompongono istanze le più diverse e contrastanti fra loro; una base sociale plebea e populista, un impianto di valori che ha nell'etica borghese la sua ispiratrice, una fattualità pragmatica e bottegaia legata alla piccola e media industria nazionale
E' su questi presupposti che il fascismo tenterà di farsi incardinatore dell'ordine sociale e matrice dei valori etici e morali della nazione.
" Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, legali e illegali a seconda delle circostanze di tempo, luogo ed ambiente " scriveva Mussolini sul Popolo d'Italia il 23 marzo .. nella sua fase di ascesa dal '19 al '26 si presenta come esaltatore del nuovo, modello e progetto vincente di un sistema di vita e di cultura, ed è procedendo sull'affermazione di questo nuovismo esasperato che si impone spazzando via violentemente qualsiasi forma estetica e artistica precedente, presentandola come una contaminazione culturale e una minaccia borghese alla forza eversiva e rivoluzionaria del nuovo regime, in questo prendendo ampiamente a modello il ribellismo futurista e avanguardista.
Tuttavia si coglie immediatamente nel fascismo una capacità di ibridazione che a seconda dei momenti e delle circostanze lo intreccia con le esperienze più diverse; in moltissimi casi i " decoratori " del fascismo per sedurre le masse hanno usurpato motti e simboli che il movimento operaio aveva utilizzato negli anni creativi dei Soviet e della rivoluzione Russa.
Il Futurismo Italiano aveva maturato una carica realmente rivoluzionaria e sovvertitrice richiamandosi alle prime esperienze cubiste e lavorando a stretto contatto con la scuola del formalismo critico, intrecciandosi così con grandi esperienze artistiche e creative con le vicende rivoluzionarie e post rivoluzionarie che fino alla metà degli anni '20 posero l'Unione sovietica all'avanguardia anche della produzione artistica europea.
Comunque in quest'inizio di secolo un fervore culturale e artistico che procede attraverso un azzeramento radicale di tutte le regole e le gerarchie del fare arte, sovvertendo e spiazzando lo stesso ruolo dell'arte come forma estrema del Bello, dell'Ideale, del Sublime, e attribuendo al contempo all'atto creativo il primato sociale rispetto al procedimento alienato e alienante del produrre in serie, del lavoro ripetitivo, dell'uomo macchina. Così il dadaismo, che con la sua radicale critica alla civiltà borghese occidentale libera caos e non-sense, mentre il futurismo forza l'arte a una esaltazione esasperata della modernità e delle sue forme.
Ma mentre il dadaismo rimase in Italia, un'esperienza limitata a pochi artisti, il Futurismo, nato ufficialmente nel 1909 con la pubblicazione su le Figaro del primo Manifesto Futurista ad opera di Marinetti, sembra avere una corrispondenza privilegiata con il nascente movimento fascista, anzi l'osmosi fu continua e in qualche circostanza fu lo stesso Movimento Futurismo a seguire le intenzioni del fascismo nella sue varie fasi.
L'esaltazione del gesto come forma d'espressione estrema, del dinamismo, della velocità, dell'uomo che piega la macchina facendosi esso stesso meccanismo, ( l'antropomorfismo e il continuo interscambio nel linguaggio di parti del corpo umano con elementi della macchina ) rivela un'esasperata proiezione verso il futuro che, se da una parte esprime la volontà di rompere con la tradizione e i bei sentimenti, dall'altra rivela il profondo legame con le istanze, i bisogni, e i processi di una società borghese velleitaria e revanscista.
Del resto " Buon senso e tricolore " è il nome di una casa editrice privata, che pubblica molte di quelle cartoline dai soggetti più diversificati e più o meno di buon gusto, che per gran parte degli anni 20 e 30 circoleranno in Italia come una sorta di fotoletteratura popolare dei piccoli sentimenti e della banalità del quotidiano.
(continua)
domenica 13 marzo 2011
La chiesa, la strega, la donna.
La chiesa, la strega, la donna.
di Daniela Frascati
(relazione, non proprio recente - Ratzinger era ancora cardinale - ma ancora attuale per la presentazione del libro Il gallo cantò ancora)
III PARTE
Trasgredisce, insomma, e la sua trasgressione la trasforma in una malefica megera.
È proprio questo, che dalla Chiesa viene vissuto come l’usurpazione di un potere assoluto che a ben altri compete, ad armare la mano degli Inquisitori.
Così la misoginia della Chiesa affida ai suoi frati domenicani un potere che diventerà strumento terrificante di sterminio e di violenza, la sua sessuofobia ridurrà i corpi delle donne a luogo di ogni più tremenda disumana offesa.
Ogni alterazione, ogni devianza, verrà punita, cancellata, espiata solo con l’atto definitivo della morte; emendata con la fiamma purificatrice del rogo.
La donna e il demonio sono le vere ossessioni di questa chiesa che tenta in tutti i modi possibili di mantenere il suo potere sulle anime e sui corpi.
Le streghe portano la dissoluzione dell’ordine perché obbedienti a un potere occulto, perverso, e incontrollato.
“ Se non ci fossero la malvagità delle donne, anche senza parlare di stregoneria, a questo punto il mondo rimarrebbe spoglio d’innumerevoli pericoli ”, asserisce uno dei tanti Inquisitori che imperversano in Europa.
“ Il concetto di stregoneria (…) non è assolutamente nato dalla fantasia popolare, bensì fu costruito e definito in maniera teorica, attingendo alle idee correnti (…) ma le tre componenti basilari del concetto di stregoneria il maleficium, il patto con il diavolo e l’eresia, furono soprattutto da ascriversi all’atteggiamento repressivo della chiesa nei confronti della sessualità e del corpo femminile.”
Così il 5 dicembre 1484 Innocenzo VIII, promulga la bolla Desiderantes affectibus con la conferma della caccia alle streghe e da’ l’incarico a due Inquisitori domenicani Institor Kramer e Sprenger “ di punire, incarcerare, correggere, le persone infette dal crimine della perversione erotica.” Nasce così la prima edizione del Malleus Maleficarum, trattato per eccellenza, che ordina e codifica i mille modi attraverso i quali le donne manifestano la loro potenza malefica, e i mezzi necessari a riconoscerla e perseguirla.
L’Esodo (22,17) dice espressamente che non bisogna lasciare in vita neanche una strega, e tale suggerimento verrà atrocemente perseguito alla lettera.
Il Malleus, come dice Verdiglione nella sua introduzione all’edizione italiana, diventa quindi “ la traversata fantasmatica maschile della società occidentale intorno all’atto sessuale (…) ecco quindi che l’impensabilità del femminile, esplode in una misoginia senza pari”.
L’avversione contro le donne, sempre latente esplode in tutta la sua violenza.
Le giovani streghe venivano violentate dai carcerieri e dai preti. Nel nord d’Europa erano appese alla torre delle streghe, con le membra dilaniate dalle torture, per le quali furono inventati i più raffinati strumenti di sevizie, esposte al gelo, affamate e assetate, e infine arrostite a fuoco lento.
Per mezzo millennio, dal XIII al XVIII secolo, la chiesa manda al rogo le streghe. Nel 1678 l’arcivescovo di Salisburgo, in occasione di una grande moria di bestiame fece bruciare 97 donne; il vescovo di Bamberga 600; l’arcivescovo di Treviri, nel 1585 fece bruciare così tante streghe, che in due paesi vicini rimasero vive solo due donne.
Le donne accusate di stregoneria sono anche accusate di aver rapporti carnali con il demonio, il quale è in grado di soddisfare quelle voglie sfrenate che vengono attribuite loro.
Un preliminare abituale alla tortura, per indurre la confessione e verificare la sostanza delle streghe è il rito simbolico della rasatura dei peli del pube. Non solo si vuole infliggere un primo duro colpo a quel potere che nell’organo sessuale femminile ha sede, quello del piacere e della procreazione, ma violare, così, la loro più segreta intimità di donne. Un’umiliazione cocente che provochi una perdita d’identità e di conseguenza la sottomissione incondizionata al carnefice.
Le streghe diventano il capro espiatorio cui attribuire ogni colpa per tutti i mali che assediano il mondo. Se le pestilenze, le carestie, le morìe di bestiame, le avversità atmosferiche distruggono i raccolti, portano siccità, è senz’altro opera di satana che si manifesta attraverso l’opera delle sue adepte. E più la chiesa vacilla, chiusa nei suoi palazzi di potere, più si allontana dalla condizione di miseria sociale ed esistenziale della gente di quei secoli, più la strega, sarà l’unica riconosciuta, e cercata, nella sua comunità, per la sua capacità di esercitare magistratura di consolazione, di comunicare con i morti, di aiutare i vivi.
“ Così – dice Barthes – lungo tutto il declino del Medioevo, la strega è una funzione: essa è quasi inutile quando i rapporti sociali comportano di per sé una certa solidarietà, ma tanto più si sviluppa in proporzione all’impoverimento di tali rapporti: là, essi sono nulli e la Strega trionfa. La strega è dunque coscienza dell’alienazione, tentativo di spezzarla, sommovimento della storia inerte, in una parola fecondità del tempo.”
La chiesa ha voluto, attraverso le streghe, cancellare tutti i significati del corpo femminile, trasformando totalmente il senso del contatto con il corpo. Attraverso i sacramenti e la liturgia si è voluta sostituire alla donna e alla sua capacità di accudire i corpi e di accompagnarli durante la loro esistenza.
Tutte le funzioni femminili hanno un riconoscimento allegorico nella ritualità della chiesa. Il battesimo, come nascita, l’eucarestia, il nutrire e il legare, l’estrema unzione, il pietoso accompagnare il morto oltre la vita. Ma ogni elemento materiale della realtà e del vissuto, viene depotenziato e trasferito nella rarefazione del simbolo, investito di quella sacralità che le donne non hanno mai potuto esercitare, condannate come sono sempre state alle cose basse e sporche dei corpi, all’immanenza della carne che non potrà mai accedere alle funzioni del divino e del trascendente.
La chiesa, la grande madre per eccellenza, ha voluto espropriare alla donna persino l’unico ruolo attraverso il quale le abbia attribuito un’identità
E questa ginofobia della chiesa non finisce ancora di manifestare la sua terribile violenza persecutoria, e si perpetua ancora oggi, pure nella radicale sovversione delle condizioni sociali e culturali della modernità, attraverso la negazione di quell’autodeterminazione della donna, che attraverso la contraccezione e ancora di più con la legge 184, sull’interruzione di gravidanza, le consente di essere lei l’unica dispositrice del dare e negare la vita.
Per questo Ratzinger nel capitolo Morale e legge del L’istruzione sul rispetto della vita umana afferma, appellandosi all’autorità dello stato: Valori e obblighi morali che la legislazione civile deve rispettare e sancire in questa materia.
“Il diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti della famiglia e dell’istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali, poiché riguardano la condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi costitutivi della società civile e del suo ordinamento. E per questo motivo le nuove tecnologiche apertesi nel campo della biomedicina, richiedono l’intervento delle autorità politiche e del legislatore, perché un ricorso incontrollato potrebbe condurre a conseguenze non prevedibili per la società civile. L’intervento dell’autorità politica si deve inspirare ai principi razionali che regolano i rapporti tra legge civile e legge morale.”
Non commenterò queste parole poiché tutte e tutti ne sappiamo misurare la presunzione intransigente e la valenza integralista. Le ho volute ricordare a dimostrazione che la paura misogina della donna, che ha mosso la chiesa per duemila anni, non viene meno neanche di fronte alle acquisizioni della scienza e all’emancipazione della società.
Terminerò quindi con una citazione da Sant’Agostino che mi sembra un commento sufficiente.
“Questo corpo che avvolge l’anima è più oscuro di tutte le tenebre e peggiore di ogni lordura”
sabato 12 marzo 2011
La chiesa, la strega, la donna.
La chiesa, la strega, la donna.
di Daniela Frascati
(relazione, non proprio recente - Ratzinger era ancora cardinale - ma ancora attuale per la presentazione del libro Il gallo cantò ancora)
II PARTE
È questa preponderanza del corpo, questa esuberanza della materia che non si concilia, secondo i padri della chiesa, con l’essenza spirituale del divino e delle sue funzioni a scatenare la sessuofobia delle gerarchie ecclesiastiche.
La vicinanza della donna ai corpi, il suo presiedere ai grandi momenti dell’esistenza, il nascere come il morire, la vicinanza con le sofferenze e con i patimenti quotidiani, il suo essere sempre lì, nei momenti topici della vita, la rende una pericolosa concorrente. Prendersi cura dei corpi e assistere le anime nelle disgrazie e nei dolori, la contrappone, in qualche modo, al potere pervasivo e inglobante della chiesa; è una barriera naturale, un baluardo, dietro il quale si mantengono ancora vive quelle tradizioni e quelle credenze pagane che insidiano la nascente chiesa.
Ma proprio perché alla donna è negata una vita sociale, proprio perché nella sfera pubblica le è inibito ogni diritto e ogni esercizio di potere, che lei tiene salda e consolida, la sua signoria sul focolare domestico. È lei, infatti, che conserva le memorie e i saperi della famiglia, lei che costruisce relazioni e tramanda la conoscenza, lei che ancora porge l’orecchio a quelle residue divinità pagane che ancora vivono nella condizione dei borghi rurali e nella solitudine delle montagne, quelle divinità soccorrevoli e a portata di mano, di cui diviene il tramite, e che la chiesa tenta di cacciare ed espellere dal suo corpo, come espressione del male e di satana.
La donna è un essere ritmato con la natura. Fortemente legata come principio creativo alla madre terra, ai suoi cicli. Attraverso la potenzialità del suo corpo a generare, la donna tesse un filo continuo e profondo con la vita e le sue fasi. La trascendenza non è per lei pensiero astratto da ricercare in un oltre da sé assoluto e immanente, ma vive ed emana dalla sua stessa carne, per diventare creatura e proiettarsi nel tempo oltre lei.
Questo legame con il mistero profondo della vita è ciò che destabilizza e spaventa ogni religione monoteista. La chiesa cattolica percepisce la natura della donna, addirittura, come antagonista di dio, la pone alla stessa stregua del demonio, colui che vuole assurgere alla luce celeste del creatore, e che perciò verrà punito e precipitato per l’eternità nella tenebra del nulla.
Ma, più la chiesa rafforza il suo potere, più l’originaria ossessione del male e della sua presa sul mondo le si ritorce contro. Il funesto dualismo tra il principio del bene e del male, diventerà una fissazione talmente scardinante che la chiesa non farà in tempo a porre le basi del suo potere temporale, che già sarà costretta a combattere quelle forme di dissenso che, discostandosi dalla sua stretta e inflessibile coercizione dogmatica, ne minacciano l’impianto dottrinale.
Le sette e le eresie proliferano e si moltiplicano, attraversano il basso e l’alto medioevo, arrivano fino alle soglie dei lumi, s’intrecciano con i liberi pensatori e con il desiderio di essere artefici del proprio destino e arbitri della propria vita.
La chiesa vigila, condanna; le accuse sono precise, anche se non documentate e il più delle volte, semplice pretesto per riportare l’ordine gerarchico e confermare il principio indiscutibile di autorità.
E mentre il suo potere e il suo imperio si allargano attraverso sopraffazioni e nefandezze, la contrapposizione fra Dio, supremo signore degli spiriti immateriali e il Demiurgo, creatore del mondo visibile, colui che porta con sé la liceità di qualsiasi azione e il disprezzo di tutte le leggi e le morali, diventa l’ossessione di questa chiesa. Anzi più si allontana dal carattere originario di chiesa di salvezza e di redenzione, che sa parlare agli umili e agli oppressi, più diventa sostanza e corpo di un potere temporale che dilaga e fa scempio di ogni morale e ogni misericordia.
Ma intanto, ovunque, in Europa dilagano culti e proliferano sette, ovunque la gerarchia vede attentati al suo potere sulle anime e sente che la sua capacità di controllo viene meno, minacciando quel dominio temporale attraverso il quale ha già accumulato immani ricchezze e fondato un potere assoluto. È una chiesa che non sa né parlare con il popolo, né stare dentro i mutamenti sociali che la attraversano.
Così come in tutti poteri assoluti, quando vengono minacciati, si scatenano risposte violente e coercitive.
Urge porre un freno a questa miriade di culti e di misteri.
Così l’accusa di magia nera e di stregoneria e l’altrettanto ossessiva ricerca dell’eretico, diventano l’accusa con cui distruggere tutti coloro che osano uscire dalla ritualità ufficiale, che danno vita a enclave di libertà e di autogoverno rispetto ai principi dogmatici e accentratori della chiesa. Sono perseguiti, insomma, tutti quelli che osano formulare un pensiero nuovo o che ricercano un percorso autentico di fede a partire dalla loro esperienza di vita e di comunità.
È in questo clima che nasce l’Inquisizione, il terribile Sant’Ufficio. Istituito da Gregorio IV, nel 1233, per combattere le eresie che attraversano l’Europa, vedrà nella figura femminile della strega, l’eretica per eccellenza. Giovane o vecchia, strega o santa, la donna, è con il suo corpo, troppo vicina alla materialità e alle cose impure dell'esistenza per non essere il braccio armato di Satana nel mondo. Così l’Europa sarà attraversata per cinque secoli da un furore di annientamento e di sangue che farà salire al rogo, torturare, dilaniare, migliaia di uomini, ma soprattutto di donne, tanto che alla fine di questa persecuzione, lo sterminio ammonterà a quasi quattro milioni di persone.
In massima parte le streghe provenivano dai ceti più bassi del popolo, ma in quest’escalation di morte, nessuno più fu risparmiato, anche perché il Sant’Ufficio provvedeva a confiscare i beni dei mandati al rogo come eretici o come streghe.
Chiunque può essere accusato di stregoneria, basta un indizio banale, una moria di bestie, il malanno di un vicino di casa, con cui non si va d’accordo, un aborto denunciato, ogni cosa può essere traccia, segnale della presenza di una strega o di una congrega.
La credulità popolare è incoraggiata dalla suggestione che infiammati predicatori fomentano sulle piazze dei borghi; si tratta di individuare un capro espiatorio su cui riversare ogni colpa, per tutto il male che assedia il mondo e placare, così, il panico collettivo generato da fenomeni naturali inspiegabili e terrificanti che rendevano precaria e insicura la vita di quei tempi.
Ma mentre la chiesa predica la rassegnazione e la sottomissione all’imperscrutabile volere di Dio, promettendo una ricompensa ai dolori terreni nella futura vita celeste, c’è chi, come quelle donne che hanno acquistato esperienza nella raccolta e nell’uso di erbe medicinali, attingendo al sapere empirico della tradizione, cercano rimedi utili ed efficaci..
Le streghe sono, dunque, donne normali, giovani, anziane, sposate, vedove, alcune di famiglia agiata, che fanno uso del loro buon senso e della loro conoscenza affinata nel corso del tempo e tramandata di madre in figlia, nel tentativo di lenire le sofferenze della gente comune.
La strega è comunque una donna che ne sa di più, è una donna che non sta al suo posto, è un pericolo sociale e uno scandalo, che sovverte l’ordine patriarcale pretendendo di sapere e di usare questa sapienza.
È quindi una minaccia, che vuole usurpare all’autorità religiosa il monopolio del suo ruolo consolatorio. Di fronte alla società in cui vive questa donna emancipata rappresenta il benefico strumento della natura. Trasforma erbe velenose in rimedi per sollevare dal dolore e ridare salute vigore al corpo. Aiuta a far nascere e accompagna nelle sofferenze verso una morte meno feroce, dà consigli di buon senso per riconquistare i mariti traditori, o conquistare amanti, accompagnandoli, forse un po’ troppo improvvidamente, con strane litanie e giaculatorie, esce comunque dal ruolo domestico cui era da sempre destinata, per conquistarsi un posto di rilievo nella comunità in cui vive. (continua)
venerdì 11 marzo 2011
La chiesa, la strega, la donna.
La chiesa, la strega, la donna.
di Daniela Frascati
(relazione, non proprio recente - Ratzinger era ancora cardinale - ma ancora attuale per la presentazione del libro Il gallo cantò ancora)
I PARTE
Della vastissima storia della chiesa che Il gallo cantò ancora, attraversa, ho scelto di approfondire quella parte, che riguarda l’episodio più emblematico della sua storia, il capitolo della Lotta contro gli eretici, e in particolare la caccia cristiana alle streghe.( partendo da un’ottica, che è quella del femminismo di genere.)
La svalorizzazione del femminile è infatti cosa antica, che attraverso mille forme di repressione e di persecuzione, ha segnato il punto di vista patriarcale sulla donna e che nella chiesa, dalla sua ascesa al potere, fino ai nostri giorni, trova il paradigma per eccellenza.
All’origine della società occidentale c’è un vero e proprio patto fondativo tra uomini, che relega la donna nell’ambito familiare e la lascia fuori da ogni diritto di cittadinanza.
Il cristianesimo, già attraverso l’opera dell’apostolo Paolo di Tarso, santificherà l’oppressione del genere femminile e lo collocherà nella storia, come destino immanente della donna: “ l’uomo è signore della donna, come Cristo lo è della chiesa”.
La donna e il suo corpo sono da sempre stati un ingombro per le grandi religioni monoteiste, che hanno spesso manifestato forme parossistiche di ginofobia, fino a negare alla donna persino l’anima, attributo per eccellenza dell’emanazione divina.
La donna, che porta inscritta nel suo corpo la forza creatrice, si contrappone al mondo che la religione e la chiesa cattolica vedono come un’essenza fissa, eterna; immoto specchio che rifrange la volontà del dio padre, principio incardinatore e ordinatore assoluto.
La donna, è già fortemente screditata dalla chiesa antica, non solo come essere più irrazionale e meno intelligente dell’uomo, ma anche per essere incapace di raggiungere un’intensità pari alla sua, nella fede. “ La donna non è altro che un animale imperfetto, un maschio mancato. ”
La misoginia della Chiesa, di cui ancora è pervasa, trova il suo fondamento in quell’Eva tentatrice dell’uomo, colpevole della cacciata dal Paradiso terrestre, responsabile del peccato originale, della colpa, e del dolore sulla terra.
È una misoginia che trae alimento dall’alterità femminile, dal quel mistero ineffabile che è il potere di dare la vita, una prossimità troppo inquietante alla volontà creatrice del dio
Il cardinale Ratzinger, nel “ L’istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione ”, ribadisce questo, prendendo parola sulle biotecnologie e sulla procreazione assistita “ l’inviolabilità del diritto alla vita dell’essere umano innocente, dal momento del concepimento alla morte, è un segno e un’esigenza dell’inviolabilità stessa della persona, alla quale il creatore ha fatto dono della vita … la trasmissione della vita umana è affidata dalla natura a un atto personale, cosciente e come tale, soggetto alle santissime leggi di Dio: leggi immobili e inviolabili che vanno riconosciute e osservate. "
È evidente come la potenzialità di generare della donna, sia di per sé un attentato al potere immanente della chiesa, e costituisca una minaccia sempre presente, all’impianto stesso della chiesa cattolica e dei suoi dogmi.
All’inizio della diffusione del cristianesimo nell’impero romano, le donne, che già Cristo aveva accettate e voluto nella sua comunità, prevalsero numericamente fra i cristiani e poterono esercitare un’attività assai vasta all’interno della comunità, assumendo anche posizioni di rilievo, ma ben presto, le donne organizzate e capaci di una produzione di pensiero autonoma, furono malviste.
Già in epoca apostolica, infatti, esisteva un’organizzazione delle vedove e l’ufficio delle diaconesse, corrispondente in parte a quello dei presbiteri, che fu senza indugio soppresso dalla chiesa, poiché il potere d’influenza che le donne cominciavano ad esercitare, insidiava quello maschile.
All’inizio del IV secolo le donne erano comunque ancora prevalenti nelle funzioni, anche se fin dal III secolo era stata loro interdetta qualsiasi funzione sacerdotale durante il servizio divino.
Le profetesse cristiane sono, forse, più antiche dei profeti e non poche, fra loro, fondarono comunità e ne fecero parte, ma nella nascente chiesa la donna è considerata un essere infido, una creatura volgare, carnale e seduttrice dell’uomo. È Eva la peccatrice per antonomasia. Gravidanza e mestruazioni la rendono impura e inadatta al rapporto diretto con Dio. (continua)
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