di Andrea Pomella dal suo Blog
Hanno assolto tutti. Ora nessuno potrà nutrire dubbi sul fatto che il paese sia un luogo di pietà. Il “paese”. Forse lo chiamano così per rendere meno solenne la scena, o per ricordare alla gente i propri doveri parrocchiali e il formalismo di certi rapporti umani. La pietà. C’era rimasto solo questo, dopo la collera, dopo la pazzia del dolore. Quello che non t’immagini è questa forma di pietà non convenzionale, la pietà per gli assassini ignoti di una delle tante stragi della storia d’Italia.
Brescia viene ultima dopo ogni nefandezza. Da ieri tutti assolti, nessun colpevole. Da che sono venuto al mondo, tutto ha macchinato intorno a me perche si adottasse un modo solo in questo paese: sempre cambiare discorso per non affrontare la verità. E sono trent’anni, quarant’anni, che si cambia discorso, che la scuola e la televisione rincoglioniscono gli uomini e i bambini, che le mafie prosperano e i giudici assolvono, che i cospiratori sussurrano, e i morti sbiadiscono. Qualche magistrato più coraggioso in passato ha parlato di un patto indicibile tra le istituzioni e quelle forme di terrorismo politico e mafioso che hanno insanguinato l’Italia a più riprese, qui di indicibile è rimasto solo lo squallore della menzogna, visto che ogni sentenza sulle stragi italiane “dice” eccome di quel patto.
Gian Paolo Zorzi, il giudice istruttore dell’inchiesta bis sulla strage di Brescia, per esempio, che a proposito dei continui intralci di provenienza istituzionale che paralizzarono le indagini fin dalla prima ora, scrisse: “nel meccanismo si iscrive qualcosa di fortemente ‘anomalo’: un qualcosa che fa letteralmente venire i brividi (soprattutto di rabbia) in quanto si propone quale riprova (se mai ve ne fosse bisogno) dell’esistenza e costante operatività di una rete di protezione pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo”.
Per i periti in piazza della Loggia fu usato tritolo, un esplosivo che fa una fumata nera, ma tutti i testimoni ricordano di un fumo azzurrino, biancastro. Il fumo che si levava lento nella pioggia del 28 maggio, il fumo che avrebbe confuso tutto per trentasei anni. Allora la bomba di piazza della Loggia l’ha messa il Diavolo, quello con la coda e col forcone. O quello delle credenze islamiche, nel Corano c’è scritto che Dio creò il Diavolo dal fuoco senza fumo. Se non c’è fumo non c’è fuoco, e quindi il Diavolo arriverà a dirci che non c’è stata nemmeno la bomba, che le otto vittime (Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Vittorio Zambarda), cinque insegnanti, due pensionati e un armaiolo, in realtà non sono mai morte, perché il Diavolo non ha altro potere se non quello di gettare suggestioni malvagie nel cuore degli uomini.
Brescia viene ultima dopo ogni nefandezza. Da ieri tutti assolti, nessun colpevole. Da che sono venuto al mondo, tutto ha macchinato intorno a me perche si adottasse un modo solo in questo paese: sempre cambiare discorso per non affrontare la verità. E sono trent’anni, quarant’anni, che si cambia discorso, che la scuola e la televisione rincoglioniscono gli uomini e i bambini, che le mafie prosperano e i giudici assolvono, che i cospiratori sussurrano, e i morti sbiadiscono. Qualche magistrato più coraggioso in passato ha parlato di un patto indicibile tra le istituzioni e quelle forme di terrorismo politico e mafioso che hanno insanguinato l’Italia a più riprese, qui di indicibile è rimasto solo lo squallore della menzogna, visto che ogni sentenza sulle stragi italiane “dice” eccome di quel patto.
Gian Paolo Zorzi, il giudice istruttore dell’inchiesta bis sulla strage di Brescia, per esempio, che a proposito dei continui intralci di provenienza istituzionale che paralizzarono le indagini fin dalla prima ora, scrisse: “nel meccanismo si iscrive qualcosa di fortemente ‘anomalo’: un qualcosa che fa letteralmente venire i brividi (soprattutto di rabbia) in quanto si propone quale riprova (se mai ve ne fosse bisogno) dell’esistenza e costante operatività di una rete di protezione pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo”.
Per i periti in piazza della Loggia fu usato tritolo, un esplosivo che fa una fumata nera, ma tutti i testimoni ricordano di un fumo azzurrino, biancastro. Il fumo che si levava lento nella pioggia del 28 maggio, il fumo che avrebbe confuso tutto per trentasei anni. Allora la bomba di piazza della Loggia l’ha messa il Diavolo, quello con la coda e col forcone. O quello delle credenze islamiche, nel Corano c’è scritto che Dio creò il Diavolo dal fuoco senza fumo. Se non c’è fumo non c’è fuoco, e quindi il Diavolo arriverà a dirci che non c’è stata nemmeno la bomba, che le otto vittime (Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Vittorio Zambarda), cinque insegnanti, due pensionati e un armaiolo, in realtà non sono mai morte, perché il Diavolo non ha altro potere se non quello di gettare suggestioni malvagie nel cuore degli uomini.
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