amorino alato

amorino alato
C’era in lei, tuttavia, un angolo segreto dove non arrivava il riverbero di nessuna luce. Da lì veniva quella voglia di tenere a bada il corpo e la materia che gli dava forma; lì fluttuavano profumi intensi e dolcissimi, e fruscinìo di sete leggere e il seno bianchissimo di Rosa la Parda. Lì, coltivava il giardino di un’altra vita che ogni tanto, a occhi chiusi o nel sonno, andava a visitare.(Amore Anomalo - daniela frascati)

giovedì 27 gennaio 2011

IL DOVERE DI NON DIMENTICARE

PRIMO LEVI

La bambina di Pompei

Poiché l'angoscia di ciascuno è la nostra
Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
Che ti sei stretta convulsamente a tua madre
Quasi volessi ripenetrare in lei
Quando al meriggio il cielo si è fatto nero.
Invano, perché l'aria volta in veleno
È filtrata a cercarti per le finestre serrate
Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
Lieta già del tuo canto e del tuo timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si è pietrificata
A incarcerare per sempre codeste membra gentili.
Così tu rimani tra noi, contorto calco di gesso,
Agonia senza fine, terribile testimonianza
Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
La sua cenere muta è stata dispersa dal vento,
La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli,
Vittima sacrificata sull'altare della paura.
Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.

20 novembre 1978

Il superstite


B.V.      Since then, at an uncertain hour
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'è.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno è morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non è colpa mia se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".

lunedì 17 gennaio 2011

10 righe dai libri scelte fra tutte le 10 righe postate dai lettori durante la settimana.

AMORI ANOMALI
http://10righedellasettimana.blogspot.com/

LUNEDÌ 17 GENNAIO 2011

Il collocatore fu il primo uomo di cui Fenisia s’innamorò. Era il 1950. Fenisia aveva dodici anni, il collocatore cercava una camera in affitto e ne dimostrava all’incirca ventisei. Le sembrava alto, era chiaro di pelle e scuro di capelli, con gli occhi più neri e profondi che Fenisia avesse mai visto. Per lungo tempo fu vivo in lei il ricordo di come le fosse apparso all’improvviso al centro della strada sterrata nella luce limpida di quel settembre. Era seduta come faceva spesso sulle scale esterne della casa.Tratteneva i gomiti dietro la schiena, ben puntellati sulgradino, la testa verso l’alto, in un atteggiamento che quasi le causava dolore e con gli occhi a fessura si abbandonava alla luminosità della mattina.
(racconto "IL COLLOCATORE" pagina 154







domenica 9 gennaio 2011

LA CREAZIONE

LA CREAZIONE
Daniela Frascati

“Dio è un cerchio il cui centro è dappertutto e la cui circonferenza da nessuna parte” Ermete Trismegisto

Ciò che più lo disorientava era il fatto che nel vuoto non sapeva bene dove situare il sopra e il sotto. La parte del cielo e la parte della terra. Eppure doveva seguire l’ordine stabilito, e non da lui, ché altrimenti “quelli”, che già avevano un sacco di problemi a capirlo, avrebbero perso ancora altro tempo a cercare spiegazioni e senso.
Malgrado ciò che si sarebbe raccontato dopo, gli ci volle un po’ più per l’inizio. L’unica cosa data era che lui aleggiava sopra, sotto, dentro, fuori, su, giù, al di là e al di qua di quella dimensione indefinibile . E, dunque, prima di tutto era necessario fissare un ordine.
Pensò a lungo, per quanto il pensare fosse qualcosa di improprio, ma come dire allora? Immaginò? Presentì? Fantasticò? Desiderò?
Ecco, forse il termine che si avvicinava maggiormente a quello stato ipotetico e indicibile  era proprio desiderò! Proiettò oltre sé ciò che “era” già in sé. Oggettivò il desiderio.
Tuttavia, malgrado il desiderio, l’ordine era comunque difficile da trovare poiché era qualcosa che non gli era pertinente. Il caos, era il suo primordiale attributo e il caos, eterno presente in eterno divenire, non ammetteva ordine. Come avrebbero tentato di formulare, con molta approssimazione matematici e fisici, una caratteristica peculiare di un sistema caotico è l’apparente impredicibilità delle traiettorie del sistema, dovuta alla forte sensibilità rispetto alle condizioni iniziali: un piccolo errore nella conoscenza dello stato del sistema in un certo istante avrebbe potuto provocare un errore anche grande nelle previsioni a medio e lungo termine. Tutto questo lo limitava, spingendolo a non discostarsi troppo da sé. Lui sapeva che un sistema caotico presenta spesso una dinamica caratterizzata da un attrattore strano  e poiché  lui medesimo era quell’attrattore, ed era quello l’unico processo ordinatore che si poteva  consentire affinché tutto il sistema ritornasse  al punto da cui si era generato, cioè al caos, non aveva altra scelta. Ma, come avrebbe scritto qualcuno un giorno su wikipedia, in matematica, un attrattore è un insieme verso il quale evolve un sistema dinamico dopo un tempo sufficientemente lungo. Perché tale insieme possa essere definito attrattore le traiettorie che arrivano a essere sufficientemente vicine a esso, devono rimanere vicine anche a se stesse pur se leggermente perturbate. E lui, in quella fase della sua essenza, era più che leggermente perturbato.
Da un punto di vista geometrico, come  attrattore poteva essere un punto, una curva, una varietà, o anche un insieme più complicato dotato di struttura frattale; un attrattore strano, appunto.
Ciò che era fondamentale, e anche fondante, dello sviluppo matematico di questo teoria del caos, era comunque come la traiettoria di un sistema dinamico su un attrattore non deve soddisfare nessuna proprietà particolare, escluso il fatto che deve rimanere sull'attrattore. A lui era chiarissimo, anche se sarebbe diventato un rompicapo infinito: tutto rimaneva sull’attrattore, cioè tornava al punto di partenza, al caos, e, per semplificazione a futura memoria, a se medesimo.
E, visto che ormai il desiderio era  oggettivare quell’improvviso desiderio di proiettarsi oltre, tornò alla domanda da cui erano scaturite tutte quelle minuziose e superflue elucubrazioni: come dare ordine al caos senza smentire la sua propria essenza?
La domanda era non solo paradossale ma assolutamente retorica, come del resto assoluto era tutto ciò che lo riguardava, e pertanto anche assolutamente inutile poiché  per lui  tutto era possibile e allo stesso tempo superfluo.
Indietreggiò su se  stesso e tornò al primo punto: l’ordine delle cose. Il  sopra e il sotto,  la luce e le tenebre, la terra e il cielo. Separò tutto meticolosamente in modo che niente fosse mischiato. La luce, luce e la tenebra, tenebra, senza  inutili sfumature e chiaroscuri che lasciò ad altri, se  mai in una distinzione così netta ce ne fossero state. E non ce ne erano. Chi poteva saperlo meglio di lui? Il bianco era bianco e il nero nero. Assolutamente. Così come la terra non poteva essere cielo e le acque non potevano essere terra. Per la stessa  logica ciò che sarebbe stato bene era cosa altra e del tutto opposta al male, sebbene filosofi e pensatori avrebbero per secoli cercato le sfumature del bene e del male o, ancora più paradossalmente, il bene nel male e il male nel bene.
Le antinomie e le aporie erano consustanziali solo al suo stato,  in ogni altro erano fuorvianti scemenze di comodo.  
Comunque, trovato l’abbrivio per quel suo progettino di oggettivazione del desiderio, uscire da sé -  poiché il desiderio è sempre un uscita da sé, un senso altro del sé all’incrocio con l’altro -  proseguì spedito senza più ripensamenti.
Uscito dal caos, una sfera dentro l’altra, in un’arrampicata siderale verso i cieli che sublimano e ripiombano nel nulla, in una spirale fatta di cerchi concentrici, inferno e paradiso, e di catene di semi cerchi che legano i DNA all’infinito per rifinire nell’impensabile caos primordiale, occhio divino che segue e persegue, talmente svelante da essere demoniaca presenza,  l’inizio ebbe inizio.
E tutto seguì da solo, con le conseguenze e gli effetti che sono sotto i nostri occhi.
Caos siamo e caos ritorneremo in una circolarità perpetua dove tutto è compiuto e allo stesso tempo in fieri.