amorino alato

amorino alato
C’era in lei, tuttavia, un angolo segreto dove non arrivava il riverbero di nessuna luce. Da lì veniva quella voglia di tenere a bada il corpo e la materia che gli dava forma; lì fluttuavano profumi intensi e dolcissimi, e fruscinìo di sete leggere e il seno bianchissimo di Rosa la Parda. Lì, coltivava il giardino di un’altra vita che ogni tanto, a occhi chiusi o nel sonno, andava a visitare.(Amore Anomalo - daniela frascati)

sabato 2 aprile 2011

L'enigma Murakami by Crista Salvia on mar 28, 2011 in Bibliofollia



L’enigma Murakami by Crista Salvia 


Posted by Crista Salvia on mar 28, 2011 in Bibliofollia





I salici ciechi e la donna addormentata.
Nell’attesa che il suo ultimo e, a quanto si dice, sorprendente romanzo 1Q84, il cui titolo  ricorda  quello di una delle opere più famose di George Orwell, 1984 – in giapponese infatti la lettera «Q» [kjuː] si pronuncia come il numero 9 (kyuu) – venga tradotto anche in Italia dalla Einaudi,  è uscita, sempre per la stessa casa editrice, una raccolta di racconti, I salici ciechi e la donna addormentata.
Sono 24 storie scritte nell’arco di circa venti anni  che navigano tra le tematiche e le atmosfere che hanno segnato la produzione di romanziere di Murakami Haruki, quella in cui lo scrittore dà, in assoluto, il meglio di sé. Situazioni, emozioni e personaggi condotti su diversi registri, dalla comicità all’assurdo, nei quali la nostalgia e il ricordo biografico, soprattutto il suo profondo legame con l’esperienza giovanile degli anni 60/70, fa da filo conduttore. Un riecheggiare la vicenda personale di quegli anni,  spesso presente nelle sue opere,  che molti non sembrano apprezzare, tacciandolo  di memoria morbosa per la storia di una generazione. Eppure, questa evocazione, ha prodotto il suo romanzo più struggente e doloroso, Norwegian Wood (Tokyo Blues), scritto tra l’86 e l’87.
I salici ciechi e la donna addormentata, raccontano 24 situazioni straniate dentro una normalità meticolosa e iperreale fino alla rarefazione; attenta al poco, a ciò che ci accompagna nelle abitudini ripetitive e spesso solitarie, come soli sono i protagonisti. Ma  è  proprio l’eccesso di normalità  che li attraversa a ricondurli  alla sua produzione  più visionaria e inquietante.
Chi non conosce Murakami fa forse fatica a resistere alla lentezza malinconica  del tempo che scorre dentro queste pagine. Una quotidianità minima di gesti, di incontri, di ritorni, di luoghi, dove incombe, sempre, la casualità  di coincidenze misteriose e ineluttabili.
Chi invece conosce i suoi romanzi, uno per tutti L’uccello che girava le viti del mondo, un condensato per eccellenza della sua scrittura, sa come questa normalità è tanto allucinata e aliena  quanto le conturbanti trasfigurazioni oniriche di questa e di altre sue opere, perché, in Murakami, il reale e l’irreale sono dimensioni intercambiabili che governano il mondo.
Alcuni considerano Murakami Haruki il meno giapponese degli autori giapponesi. Nelle sue opere si mangia italiano, si ascolta Beethoven e Puccini e tanta tanta musica pop, e il suo Giappone appare distante dagli stereotipi dell’immaginario tradizionale come da quello contemporaneo dei manga e delle ragazzine dai capelli scoloriti, in minigonna e calzettoni.
Invece, le pagine di questo  autore raccontano più di altri scrittori suoi conterranei, l’inquietudine silenziosa di un paese post moderno, afflitto da un’immensa solitudine, infestato dai fantasmi di un passato arcaico che si aggirano nei luoghi quotidiani   della vita di ognuno. Nei bar, nelle panchine dei parchi, dentro i grattacieli di vetro, negli spazi lasciati vuoti o abbandonati dalle architetture urbane e, soprattutto, negli hotel, il luogo, per eccellenza, in cui lo scrittore, sembra toccare il fondo delle cose.
Murakami sa far incontrare le ombre, dando corpo a percezioni appena sussurrate. E, da vero narratore, non dà spiegazioni agli eventi inspiegabili di cui intesse le sue storie. Li lascia sospesi tra le pagine.
È un raccontare in cui cerca sempre un risarcimento alla perdita; di persone, di cose, di sentimenti chiusi dentro corpi impenetrabili e abbandonati a un flusso della vita che va verso un unico punto di non ritorno.
Storie di identità, di solitudini, di  certezze che vengono meno. Ma anche storie in cui si racconta sempre altro, e questo altro è uno degli enigmi che interrogano il lettore.
Murakani è dunque un autore “eccentrico” rispetto ai gusti che ci impone la produzione editoriale del nostro paese. Racconta la normalità e la stranisce dentro narrazioni parallele e speculari che dicono di un piano allegorico e visionario poco amato dai lettori, almeno così ritengono gli editori nostrani, che lo hanno ripubblicato dopo anni di silenzio e  solo quando, ormai, aveva conquistato un successo di vendite in tutto il resto del mondo.
Qui, dove  il post verismo e il post neorealismo letterario vanno per la maggiore, con cadute in narrazioni ombelicali piatte come un'acqua stagnante, la capacità di rapire il lettore e portarlo ovunque come fa Murakami senza che gli si chieda perché e dove, è cosa rara ed evitata come peste. Eppure la vera letteratura, in ogni parte del mondo, si nutre di questo.


http://www.scrittevolmente.com/2011/03/28/lenigma-murakami/

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